Esiste davvero la reincarnazione o la vita che stiamo vivendo è da considerarsi unica? Una possibilità che sempre più persone prendono in considerazione, quella della trasmigrazione dell’anima. In questi anni sono state innumerevoli le testimonianze a favore, tra cui quelle del Dr. Stevenson e i suoi approfondimenti sulla vita oltre la vita, studiando in dettaglio i segni di “vite passate”.

Studi e ricerche sulla reincarnazione

Sui segni riportati dal corpo (per esperienze pregresse) in questa vita dalla nostra coscienza (anima), abbiamo, appunto, tra i più importanti il medico Dr. Ian Stevenson. Nato a Montreal nel 1918, e che ha lasciato il corpo nel 2007 vivendo e facendo ricerca negli Stati Uniti.

Stevenson ha estensivamente curato la ricerca di tracce e testimonianze che documentassero il principio della reincarnazione. Nel suo libro “20 casi di reincarnazione” ha riscontrato testimonianze e caratteristiche sia psichiche che corporee del tutto sconcertanti.

I segni delle vite passate e gli studi sulla reincarnazione

La nostra coscienza riporterebbe emozioni, informazioni e memorie relative ad esperienze già vissute, in altre vite. Segni quali voglie, strane cicatrici, pori rigonfi o macchie sulla pelle sarebbero documenti tangibili di qualcosa che è accaduto in altre vite, 
riferibili a colluttazioni, conflitti o usanze di sepoltura (legacci sul cadavere, segni di ferite e colpi inferti con lame o oggetti perforanti e taglienti).

Un tema, questo, che documenterebbe quanto già studiato e riportato dalla ricercatrice biologa e farmacologa americana Candace Pert. Anni addietro, la scienziata, aveva dichiarato che le emozioni sono peptidi (microparticelle molecolari sub-atomiche), catalizzati all’interno degli atomi del corpo, su nanoparticelle chiamate Bosoni di Nambu Goldstone, dal nome del ricercatore che le ha individuate.

Tali nanoparticelle, prive di massa e di materia, sono indistruttibili, indelebili e rimangono per sempre fuori dal tempo e dallo spazio. Hanno un comportamento quantistico (eterno e fuori dalla dimensione spazio-tempo) e riporterebbero informazioni sulla storia della persona, anche quando deceduta.

Tali emozioni/informazioni, in quanto indelebili, secondo la mia opinione, potrebbero ritornare ad albergare in nuovi corpi quando 
l’anima lascia un corpo fisico e torna a dare vita ad un altro corpo.

I segni delle vite passate 

La natura ci insegna quanto la vita sia un ciclo, in cui tutto evolve e si trasforma. Durante le sedute di ipnosi alle vite passate, trovo nei racconti dei miei pazienti, l’origine delle loro attuali problematiche. Fobie ingiustificate, almeno in apparenza, esperienze di cui hanno paura senza averle mai vissute.

La letteratura animista sostiene che la sofferenza dell’anima a uno specifico disagio, sia dovuta a quanto già sperimentato, agito e mai risolto nelle vite passate. L’anima ha però la possibilità di purificarsi quando si ritrova in una nuova vita.

Quando ho scritto “L’anima migra verso la scienza” volevo raccontare di come l’ipnosi alle vite passate fosse stata per me una sorta di illuminazione, possibilità di accesso al mondo dell’invisibile. Non c’è una concezione giusta o sbagliata della vita, ma libertà di conoscenza e desiderio di approfondimento, per superare quei confini che di solito tendiamo a imporci.

Come disse lo psichiatra americano Brian Weiss, specializzato in ipnosi alle vite passate e reincarnazione, “per guarire la vita 
presente, è opportuno rivivere il trauma nelle vite passate”.

Ti invito a guardare la video intervista sulla reincarnazione della Fabbrica della Comunicazione, che mi ha visto ospite insieme a Paola Giovetti, giornalista e scrittrice.

Dai ricordi di bambini piccoli, che non riconoscono i loro genitori, sostenendo di provenire da altri luoghi, ma che non possono certo essere stati indottrinati, fino alla regressione in stato di ipnosi, a cui io stesso mi sono sottoposto.

Le tracce di esperienze legate alla regressione alle vite passate sono state rinvenute non solo nel Buddhismo o nell’Induismo, ma anche 6.000 anni fa nella civiltà dei Veda.

Da dove arrivano i nostri talenti e competenze innate?

Presumibilmente dall’inconscio collettivo e dalla coscienza universale di cui prima parlava Jung e ora la fisica quantistica.

Alberto Cartuccia Cingolani, nato il 5 aprile del 2017, inizia a suonare agli inizi dell’anno 2000, a tre anni e mezzo, per poi esibirsi portando sinfonie di Mozart e Beethoven. Ezio Bosso, invece, interpretava il pentagramma senza averlo mai studiato già da piccolo.

Viene da domandarsi l’origine di questi talenti e la fisica quantistica ci fornisce una risposta, dando una definizione della coscienza (anima):

“La coscienza è quella parte nobile di noi che contiene tutte le 
memorie, le informazioni, i sentimenti e le emozioni registrate da 
sempre -e per sempre- nell’inconscio nostro e in quello collettivo”

Perché non raccogliere queste informazioni entrando in relazione con un mondo a noi ancora sconosciuto?